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Carnevale in Tavola: storie e ricette di 5 dolci della tradizione

Carnevale è la festa più colorata e allegra dell’anno, non solo nell’atmosfera scanzonata ma anche nelle tavole degli italiani. Tra stelle filanti e coriandoli, le nostre cucine si riempiono in questo periodo di profumi e golosità: i dolci sono infatti i protagonisti indiscussi del buffet carnevalesco. Non a caso, i giorni di questa settimana si chiamano “grassi”! E, come l’eterogenea anima italiana impone, le ricette e i nomi variano di zona in zona a seconda delle antiche tradizioni locali, ma sono tutte accomunate da un’esplosione irresistibile di bontà.

Pronti per un viaggio dolce e allegro da Nord a Sud della Penisola?

 

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Chiacchiere

Vengono chiamate così in Lombardia e al Sud le dolci strisce dorate ricoperte di zucchero, ma potreste conoscerle anche come Crostoli o Galani (Veneto, Trentino e Friuli-Venezia Giulia), Bugie (Liguria e Piemonte), Sfrappole (Emilia-Romagna), Cenci (Toscana) o Frappe (Lazio e Umbria). La loro storia risale ai Saturnalia dell’epoca Romana, quando le donne erano solite preparare le frictilia, un dolce a base di uova e farina, fritto nel grasso di maiale. Il consumo di chiacchiere si diffuse soprattutto in tempo di Quaresima, in cui non si poteva mangiare la carne ed era necessario un piatto gustoso e nutriente.

E il curioso nome “Chiacchiere”? La leggenda narra che la Regina di Savoia, dopo ore a parlare con i suoi ospiti, chiese al suo cuoco Raffaele Esposito di preparare un dolce che allietasse i palati dopo tanta “chiacchiera” e lui prese spunto proprio da questo per sceglierne il nome.

Qui trovate la ricetta delle Chiacchere di Gael, @thehappyencounter. Spazio alla fantasia, in fondo è la parola d’ordine di Carnevale!

 

Migliaccio Napoletano

Facciamo tappa nella bellissima Napoli per gustare uno dei dolci più antichi della tradizione pasticcera campana: il Migliaccio. 

La storia del Migliaccio affonda di 1000 anni nel passato della città partenopea, quando nelle campagne il miglio era uno degli ingredienti principali dell’alimentazione, usato per numerose preparazioni di piatti poveri. Anche gli altri ingredienti utilizzati per praparare il Migliaccio confermano che furono dei contadini a inventarlo: uova, latte, zucchero, ricotta di capra e sangue di maiale… Perché si sa, del maiale non si butta(va) via niente! Oggi gli ingredienti originari sono stati sostituiti da semola, latte e burro e al posto del sangue di maiale, messo al bando dalla Chiesa Cattolica, si utilizza lo zucchero. Tuttavia, ancora oggi è possibile trovare la ricetta tradizionale in alcune aree rurali del napoletano.

Considerato un po’ il dolce di fine inverno, i segreti del Migliaccio Napoletano sono tramandati di generazione in generazione. Qui la ricetta di Rossana Pegurri, da replicare subito!

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Tortelli, Castagnole o Fritole

Un dolce dalla bontà universale, tanto da essersi diffuso in tutta Italia, con piccole variazioni negli ingredienti aggiunti ma dall’impasto molto simile. Tortelli dolci in Lombardia, Castagnole in Emilia Romagna e in Friuli Venezia Giulia, mentre a Venezia frìtole. 

Questa leccornia nacque in origine per celebrare San Giuseppe. I falegnami, infatti, offrivano ai propri garzoni le “farsòe” per ricordare Giuseppe, “l’artiere in legno e industriante in friggitoria”. Questa specialità ha poi abbracciato i riti della fertilità con cui i popoli antichi provavano a propiziarsi un anno favorevole dopo il rigido inverno. Ricchi, poveri, padroni e schiavi allora banchettavano e speravano insieme… Mangiarle non è quindi un peccato di gola e condividerle è un atto di buon augurio!

Potete prepararle seguendo la ricetta di Samuele, aka @ilragazzochecucina.

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Tzipulas

Facciamo un salto in Sardegna per assaporare un’altra golosità irrinunciabile nel periodo di Carnevale: le Tzipulas. Soffici e deliziose frittelle da non confondere assolutamente con le Zeppole, differenti per gusto, ingredienti e forma, come potete notare da questa foto di @roberto_murgia

Oggi le Tzipulas sono un dolce prettamente carnevalesco, ma in passato venivano preparate anche a Natale, Pasqua e addirittura 8 giorni dopo la morte di un parente. Spesso si tendeva a inserire all’interno dell’impasto elementi extra (ad esempio un bottone) per burlare i propri ospiti… In fondo lo scherzo è l’anima di questa festa tanto amata! Pare che il segreto per preparare ottime Tzipulas sia essere in 3: una cuoca più esperta (chiamata “jana maista”) che impasta e forma le ciambelle, la “jana seconda” che passa gli ingredienti e frigge e, infine, l’apprendista le rotola le frittelle nello zucchero.

C’è un’altra tradizione sarda che lega le donne alle Tzipulas di Carnevale: “gioi di li gomari”, il giovedì delle comari. Tantissimi anni fa, due comari, dopo una giornata tra impasto e frittura, si addormentarono esauste. Alcuni bambini videro le frittelle incustodite e non riuscirono a resistere. Se le mangiarono tutte, lasciando che le donne trascorressero la giornata di festa senza assaggiarne nemmeno una. Affinché questo non succeda più, il giovedì di Carnevale le comari si regalano vicendevolmente le Tzipulas, così da essere certe che qualsiasi cuoca, dopo la fatica di averle preparate, non resti a bocca asciutta.

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Cicerchiata

Ci spostiamo in Centro Italia per assaporare uno dei dolci più golosi e colorati della tradizione carnevalesca, riconosciuto come PAT (Patrimonio Agroalimentare Tipico): la Cicerchiata. Ancora una volta gli ingredienti sono semplici, ma il risultato è… molto pericoloso. S’inizia con una piccola innocente pallina e si finisce col lasciare il piatto vuoto!

L’impasto è rimasto praticamente invariato nel tempo. È composto da farina, uova, zucchero, olio e scorza di limone e viene suddiviso in palline da friggere nell’olio o nello strutto. Le palline si immergono poi nel miele caldo e si cosparsgono di mandorle e zuccherini colorati. Un delizioso mix che, una volta raffreddatosi, viene modellato in diverse forme, anche se solitamente viene disposto a corona. Più allegro di così! 

Anche qui siamo davanti ad una ricetta con una storia lunga che intreccia popoli e prodotti locali. Come spesso accade, le origini si confondono nella notte dei tempi e un velo di mistero aleggia su provenienza e significato simbolico. Abruzzo, Marche e Umbria si contendono da sempre la corona (letteralmente) di inventori della Cicerchiata, ma nessun vincitore è mai stato ufficialmente proclamato. Sul nome invece pare non ci siano dubbi: è di origine medievale e rimanda alla “cicerchia”, un antico legume, coltivato in Asia, in Africa e in alcune regioni italiane e che ricorda per forma le palline del nostro dolce. Diverse fonti rivelano che si tratti di un piatto di buon auspicio, poiché le copiose palline stavano a simboleggiare fortuna e ricchezza. Un motivo in più per concedersi uno strappo alla regola!

 

L’allegria in tavola è servita! Siamo arrivati alla fine della nostra golosa parata di dolci tentazioni che abbiamo raccontato, una dopo l’altra, come i carri allegorici che quest’anno tanto ci mancheranno. Ciò che nessuno potrà toglierci, però, sono le antiche ricette che hanno cavalcato i secoli per giungere fino a noi e regalarci, ancora una volta, un pazzerello periodo dell’anno carico di bontà. Perché a Carnevale, ogni dolce vale! 

Scritto da:

Federica-Miceli
Federica Miceli
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Social Media e Content Marketing specialist, mangio comunicazione come pane quotidiano. Da diversi anni disegno strategie social e snocciolo contenuti per aziende e liberi professionisti e mi occupo di formazione e community management.

 

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