Lorem ipsum dolor amet, consectetuer adipiscing elit. Aenean commodo ligula eget dolor massa. Cum sociis natoque penatibus et magnis dis parturient montes, nascetur ridiculus mus.

Baker

Follow Us:
filindeu

Sardegna in tavola: il Filindeu, una pasta tra le più rare al mondo

In ogni parte del mondo esistono civiltà alimentari specifiche che hanno da sempre suscitato curiosità e non hanno mai cessato di viaggiare da un territorio all’altro, oltrepassando ogni confine: nei porti della Roma antica affluivano i vini dolci di Lesbo, il cumino di Siria ed Etiopia, prugne di Damasco, datteri di Tebe, cipolle di Ascalona, pane d’Alessandria, grano dalla Sardegna, Sicilia e Tunisia.

Viaggiare attraverso il Mediterraneo è sempre stato il mezzo per raggiungere altri, scambiare conoscenze e colture, conquistare nuovi spazi. Usare l’olio, ma anche bere vino e mangiare pane, era simbolo della cristianità in espansione, e successivamente questi tre prodotti divennero simbolo dell’antica cultura mediterranea. Nuovi viaggi furono stimolati anche dopo la scoperta del sale e del suo potenziale vitale ed economico, che portarono l’uomo a costruire vie e rotte commerciali, le più impervie: dal deserto all’oceano.

Il pane in Sardegna: evoluzione della ritualità

Anche il pane è stato oggetto di evoluzione, partendo dall’antico Egitto che ne aveva individuato la lievitazione per poi vagare per mare e terra.
Il pane diventa simbolo della vita umana. Sul suo conto sopravvivono in Sardegna procedure e rituali che sono alla base della cultura Mediterranea, pregevoli tracce della panificazione, simili a quella del mondo antico.
Nella preistoria si inizia a coltivare, raccogliere e tostare i chicchi di frumento; li si riduce a farina; li si impasta e li si cuoce su pietre roventi. Questi rudimentali gesti sono i primi segni della panificazione. Piano piano all’impasto, di farina e acqua, si danno forme rituali e i pani si donano agli dèi perché proteggano l’essere umano dalle sue paure. La scoperta del lievito fa evolvere l’alimento; lentamente si sviluppano nuove tecniche di cottura e il pane assume sempre più importanza.

I sardi per tanto tempo hanno praticato e conservato la tecnica della preparazione del pane rituale, ma negli ultimi anni questa pratica è destinata inesorabilmente ad estinguersi. Oggi è raro poter trovare chi prepara un pane cerimoniale, eppure appassionati studiosi, negli anni ’80, hanno raccolto nomi e forme di quasi 400 varianti di pane.

Fino agli anni ’70 del secolo scorso, si preparava su pane purile, un pane senza lievito. Purile è una parola che probabilmente potrebbe derivare da “Purim”, il nome della festa ebraica che solitamente cade a metà marzo, dove ci si scambia cibo.
Su pane purile era un pane azzimo prodotto con farina integrale non setacciata. La cottura avveniva sul camino sotto la cenere e con la brace viva. Questo metodo di cottura viene indicato da Padre Antonio Bresciani nel suo libro “Dei costumi dell’isola di Sardegna“, come una cottura riportata nell’Esodo e narrata anche da Isaia “coxi super carbones eius panes”- ho cotto sulle braci i suoi pani, e di frequente si incontra nella Genesi “subcinericios panes coquere”- cuocere i pani sotto la cenere.

 

su-filindeu

Su Filindeu, una pasta tra le più antiche e rare al mondo

Dall’impasto del pane nasce anche la prima rudimentale pasta: prende forma come una sfoglia, simile alla lasagna contemporanea, fino ad assumerne migliaia di forme fantasiose. Perfino il tradizionale filindeu, frutto di colonizzazioni, contaminazioni e di migrazioni, è un manufatto tipico di Nuoro: un finissimo reticolo di pasta essiccata, preparata per celebrare i sacri rituali della festa di San Francesco di Lula.

Anche la scrittrice nuorese Grazia Deledda, alla fine dell’800, racconta questo evento: ricchi pastori offrono per voto intere vacche. Il pranzo consiste in carne e nel filindeu, che viene condito con formaggio fresco, e che riesce una minestra densissima e squisita.

Da premettere che la Sardegna è sempre stata una produttrice di grano, e sin dal Medioevo ha prodotto ed esportato pasta secca, anche filiforme, in tutto il bacino del Mediterraneo. È dal mondo arabo che giungono i nomi della pasta secca come itriyya, e la Sicilia musulmana ne è contaminata. Il termine, pare provenga dal greco itrion, usato per denominare gli impasti di farina e acqua. È il termine greco che origina poi quello arabo, e sta ad indicare una pasta di semola filiforme. Nella cucina araba si preparano due tipi di pasta: quella lunga simile agli spaghettini, e quella piccola, simile ai vermicelli, preparati come una trama di un tessuto ed essiccati al sole che si chiama sha’riya (sha’r significa capello, cioè fine come un capello) in Oriente, e fidaswsh, in Occidente, da cui poi deriverebbe lo spagnolo fideos, e successivamente il sardo: fideus, findèos, findeus, fundeos, filindeos e filindeus.

Oggi su Filindeu affascina i cuochi e curiose massaie e tutti lo vogliono imparare e fare, ma la preparazione necessita di gesti cadenzati, come una danza silenziosa pregna di una sacralità orante, che merita la ritualità storica.

Vuoi vedere come si realizza su Filindeu? Dai un’occhiata a questo video!

filindeu-pasta-sardegna

Dove mangiare su Filindeu in Sardegna: due indirizzi

Vi è venuta voglia di assaggiare questa pasta? Ecco due indirizzi imperdibili: per gustare un ottimo Filindeu ma anche un esempio di valorizzazione e narrazione del prodotto e del territorio fatta attraverso i social.

  • Hotel Su Gologone, Oliena

Un luogo che ha compiuto dieci lustri di vita da quando Giuseppe “Peppeddu” Palimodde e Pasqua Salis, giovani, intraprendenti, ma soprattutto innamorati, hanno un sogno, realizzare un punto di ristoro nelle vicinanze della sorgente Su Gologone. Proporre e dare dignità alla cultura contadina, è la loro filosofia.

Dopo qualche anno è proprio in una dolce collina, ai piedi del monte Corrasi, sempre nelle vicinanze della fonte, che Peppeddu sogna di costruire un ristorante rispettando la tradizione locale, usando pietre, calce e legno di ginepro. La moglie Pasqua, dal canto suo, aspira a riproporre la cucina di casa, quella tramandata dai genitori e apprezzata perché preparata col cuore.

Nel 1967 si pone la prima pietra e si parte col ristorante. Due sono le premesse: in cucina e in sala solo un sapere femminile e per la cottura delle carni quella maschile; il personale deve essere tutto di Oliena. La materia prima doveva provenire dalle campagne, dai campi e dagli orti del paese, rispettando la stagionalità. Poi ai primi candidi locali si aggiungono le stanze e, per alimentare una passione giovanile, opere d’arte di autori del Novecento sardo, iniziando da Biasi. L’amore si corona con la nascita di una figlia, Giovanna. Una eredità piena di suggestioni e stimoli che Giovanna, dopo gli studi, alimenta, integrando opere, percorsi, collezioni, stanze d’artista, botteghe e dando pregevoli pennellate di colore a tutto.

A simboleggiare una prerogativa tutta sarda, una conturbante ospitalità. La signora Pasqua è sempre prodiga di racconti sulla cucina della sua infanzia, e quando parla di Filindeu lo fa con nostalgia: “un tempo lo preparavamo per donarlo a Nuoro, nella Chiesa delle Grazie, ai poveri. Bastava un buono e profumato brodo di pecora, preparato con amore, dove si tuffava su Filindeu e dadini di pecorino fresco acidulo, per consolare ogni sofferenza.” Ancor oggi è possibile consumare su Filindeu preparato secondo l’antica tradizione.

  • Azienda Agrituristica Sa Mandra, Alghero.

Un luogo dove è possibile fare un tuffo nella storia gastronomica della Sardegna.

Rita e Mario Murroccu, nati a Fonni, in un paese abbarbicato sulle pendici dei monti della Barbagia, e seguendo gli itinerari dei genitori pastori, nelle transumanze che tracciavano nell’isola alla ricerca di pascoli fertili e lontano dalle nevi dei monti, raggiungono Alghero. Abbandonano il paese natale per raggiungere la Riviera del Corallo. Qui iniziano l’attività con poche pecore e pochi ettari di terreno; qui si radicano con la loro nuova attività e famiglia. Ora con la costanza, sapienza e talento si è data forma ad una apprezzata azienda agricola con agriturismo. Rita, da brava cuoca, trasforma i prodotti agricoli dell’azienda, cadenzandoli in mille portate, fatte di ricordi della cucina di famiglia dalle innumerevoli sollecitazioni culturali.

Fra i gustosi e variegati antipasti si propone sa frue che si presenta come un candido dadino di cagliata, anonimo per un consumatore superficiale, ma quanto sollecita le papille gustative e quanta storia evoca. Pietanza rara del mondo antico, antenata del formaggio che sopravvive ancora intatta a Sa Mandra.
Una pasta barbaricina molto interessante sono sos Macarrones de busa, fatta a mano con semola di grano duro, sale e acqua. Busa è forse il termine più antico, conosciuto in tutto il Mediterraneo, e deriva dal termine arabo bus, utilizzato nei manoscritti medievali per indicare lo stelo di una canna, con cui si preparavano delle cannucce per fare la pasta, ma anche per realizzare la maglia. Ghisadu de sacaia, un saporito spezzatino di un agnellone di un anno. Il termine deriva dallo spagnolo guisado, che vuol dire: cuocere la carne in umido.
Culurgiones de regotu, una portata di pasta ripiena veramente deliziosa che aveva come condimento, una crema di ricotta mustia. Su regotu mustiu dei pastori sardi. È una ricotta profumata dal fumo di erbe aromatiche spontanee. Mustiu è la sardizzazione della parola latina tanto citata da Plinio il Vecchio, musteus, che significava: cremoso come il mosto.

Un’attività interessante dell’azienda sono le lezioni di cucina tradizionale. È stata proposta anche la preparazione de su Filindeu. È stato proposto, insegnato e preparato secondo l’antica procedura per la festa di San Francesco di Lula e ancor oggi è possibile richiederne la degustazione.

 

 

Scritto da:

giovanni-fancello
Giovanni Fancello
Website | Altri articoli:

Giornalista, scrittore, gastronomo. Collaboratore del quotidiano “La Nuova Sardegna”, curatore del blog “In coghina”, è Prefetto per la Sardegna per l’Accademia Italiana Gastronomia Storica AIGS e scrive su “Taccuini Storici”. È Ispettore per la guida nazionale “Espresso Ristoranti” e cura la rubrica “Appunti di Cucina” per la radio nazionale Fizzshow. È autore del blog foodclub. Ha pubblicato, tra gli altri, Sabores de Mejlogu, Sardegna a Tavola, Pasta: storie ed avventure di un cibo tra Sardegna e Mediterraneo, Le Sagre della Sardegna tra il sacro ed il profano, Durches, la storia dei dolci dall’antichità ai giorni nostri.

POST A COMMENT